La tutela della maternità PASSA PER LA NOSTRA Costituzione. È proprio quest’ultima, legge fondamentale dello Stato, posta al di sopra di ogni altra norma, che all’art. 31 afferma CHE la Repubblica deve agevolare, con misure economiche, la formazione della
famiglia e l’adempimento dei compiti
relativi, con particolare riguardo alle
famiglie numerose; protegge la mater-
nità, l’infanzia e la gioventù, favorendo
gli istituti necessari a tale scopo.
A soccorrere per il resto ci pensa il Testo Unico sulla Maternità ( d.lgs. n. 151 del 2001) che al suo art. 54 vieta il licenziamento delle donne quando si trovano in condizione
di gravidanza, salvo rari casi previsti
dalla legge.
Il divieto di licenziamento opera dall’inizio
della gravidanza stessa fino al compi-
mento di un anno di età del bambino. La
lavoratrice che sia stata licenziata nel
corso del periodo predetto deve presen-
tare al datore di lavoro un’idonea cer-
tificazione, dalla quale risulti l’esistenza
della gravidanza all’epoca del licenzia-
mento, ovvero di altre condizioni che lo
vietavano.
Quando non opera il divieto
Il divieto di licenziamento non si appli-
ca nel caso in cui la lavoratrice abbia
commesso una colpa grave sul lavoro,
che costituisca una giusta causa per
risolvere quel rapporto professionale,
o anche nel caso in cui sia cessata l’at-
tività dell’azienda in cui la lavoratrice è
addetta. Altri casi per i quali non opera
il licenziamento sono l’ultimazione della
prestazione per la quale la lavoratrice è
stata assunta, o anche il caso in cui il
rapporto di lavoro sia giunto a risoluzio-
ne per la scadenza del termine. Un ulte-
riore caso in cui non è possibile bloccare
il licenziamento è quello segnato dall’e-
sito negativo della prova.
Vietata anche la mobilità
È previsto dalla legge che durante il
periodo nel quale opera il divieto di
licenziamento, la lavoratrice neppure
può essere sospesa dal lavoro, salvo
il caso che sia sospesa l’attività dell’a-
zienda o del reparto cui essa è addetta
e sempre che il reparto stesso abbia
una sua autonomia funzionale. Oltre a
questi divieti, legati al licenziamento
e alla sospensione del rapporto di la-
voro, è previsto inoltre che, nei mede-
simi casi di gravidanza, la lavoratrice
non può essere collocata in mobilità a
seguito di licenziamento collettivo.
Divieto anche in caso di congedo parentale
Il licenziamento intimato alla lavoratri-
ce in violazione di questi divieti, salvo
le eccezioni descritte, è da considerarsi
nullo, come anche il licenziamento cau-
sato dalla domanda o dalla fruizione
del congedo parentale da parte della
lavoratrice, ovvero per la malattia del
bambino. In questo caso il divieto di li-
cenziamento si applica anche al padre
lavoratore per la durata del congedo
stesso e si estende fino al compimento
di un anno di età del bambino.
Nullo il licenziamento
anche se il datore
di lavoro non sapeva
Di recente, è stata pubblicata una deci-
sione della Corte Suprema di Cassazio-
ne, secondo cui, nel caso che il datore
di lavoro non sappia dello stato di gra-
vidanza della lavoratrice dipendente e,
in questo periodo abbia provveduto a
licenziare la stessa, il licenziamento sia
da considerarsi in ogni caso illegittimo.
Ciò anche nel caso in cui la lavoratrice
ancora non abbia comunicato lo stato
di gravidanza al datore di lavoro. Non
solo l’eventuale licenziamento sarebbe
da intendersi nullo, ma opererebbe per
la lavoratrice dipendente anche il diritto
alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Il motivo del divieto di licenziamento del-
la lavoratrice incinta sta nella tutela della
donna durante questo delicato periodo.
Per tale ragione, la legge dice che tale di-
vieto “opera in connessione con lo sta-
to oggettivo della gravidanza”, cioè si
verifica per il solo fatto oggettivo della
gravidanza.
Il certificato telematico di gravidanza
Le donne lavoratrici in gravidanza sono
tenute a consegnare all’INPS il certifi-
cato telematico di gravidanza (che so-
stituisce il vecchio certificato cartaceo
di gravidanza). Per farlo bisogna col-
legarsi alla piattaforma dell’Istituto di
Previdenza. Prima andava consegnato
in versione cartacea, oggi invece nell’u-
nica forma possibile, quella telematica.
Tale certificato serve come prova dello
stato di gravidanza, affinché la donna
possa usufruire del periodo di asten-
sione obbligatoria da lavoro, per il pe-
riodo di 5 mesi, tipicamente l’ottavo e il
nono mese di gravidanza, rispetto alla
data presunta del parto e i primi 3 mesi
dopo la nascita del bambino. Diversa è
la richiesta di maternità anticipata, per
la quale serve un certificato diverso da
parte del medico.
Diversamente da prima, il certificato
telematico di gravidanza all’INPS deve
trasmetterlo il medico di base, o il gine-
cologo che attesta la gravidanza. Spetta
dunque al medico certificatore compi-
lare il modulo apposito e avviare la pro-
cedura che è esclusivamente telemati-
ca, tramite il sito internet dell’INPS. Per
fare questo, il medico deve conoscere
le generalità della lavoratrice incinta, le
settimane di gravidanza e la data pre-
sunta del parto.
In caso di errori (ad esempio per aver
indicato una diversa data presunta del
parto), il medico ha tempo fino alla
mezzanotte del giorno successivo per
modificare i dati. Diversamente, potrà
chiedere l’annullamento della richiesta
all’ufficio territoriale dell’INPS. Il certi-
ficato va inoltrato prima dell’ingresso in
maternità obbligatoria.
Quali sono le varie forme di congedo?
Abbiamo, in primo luogo, il congedo di
maternità ordinario, che prevede l’assen-
za della lavoratrice dal proprio lavoro già
dai due mesi precedenti al parto e nei tre
mesi successivi. La domanda va presen-
tata prima dell’ingresso in maternità ob-
bligatoria, quindi prima della fine del set-
timo mese di gravidanza. Troviamo poi il
congedo di maternità con flessibilità, che
consente alla lavoratrice di assentarsi da
lavoro solo un mese prima del parto e di
godere dell’astensione nei quattro mesi
successivi. Infine, c’è il congedo di ma-
ternità con astensione interamente dopo
il parto, che prevede l’assenza da lavoro
solo nei cinque mesi dopo il parto, con
necessità di continuare a lavorare fino al
9° mese di gravidanza incluso.
Trasmettere il protocollo al datore di lavoro
È bene che la lavoratrice richieda al me-
dico di base che ha trasmesso il certifi-
cato telematicamente all’INPS quale sia
il numero univoco di certificato (cioè il
numero di protocollo) che è stato asse-
gnato alla pratica dal sistema. Il numero
univoco consentirà alla lavoratrice di
entrare nel proprio profilo, consultare e
stampare le ricevute di trasmissione dei
certificati, per poi consegnarle anche
all’azienda per cui lavora, perché possa
consultare gli attestati.
Può capitare non di rado che il medico
di base trasmetta il certificato in ritar-
do. L’INPS ha ribadito l’obbligatorietà
del certificato telematico di gravidan-
za e stabilito con una circolare che il
congedo di maternità è un diritto ina-
lienabile della lavoratrice, accompa-
gnato da un divieto assoluto di essere
adibita al lavoro durante quei cinque
mesi. Si tratta di un diritto fondamen-
tale, che la lavoratrice non può nego-
ziare o rinunciare. Il mancato invio del
certificato da parte del medico attra-
verso il canale telematico non può im-
pedire in ogni caso il riconoscimento
di tale diritto.